LETTERA APERTA ALLA COMUNITÀ DELL’IC MARITI DI FAUGLIA Alunni, docenti, personale ATA, famiglie, Enti locali
Che la scuola sia una comunità è una convinzione assodata, entrata di diritto anche nel panorama normativo. Il recente CCNL del 2018 nell’art.24 definisce la scuola“…comunità educante di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, informata ai valori democratici e volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni….”.
Comunità è una parola “calda” che evoca accoglienza, operosità collaborativa, solidarietà. La comunità protegge e forse nasce proprio con lo scopo di proteggere nei momenti di difficoltà: si fa cerchio intorno al più fragile. Agli inizi di questo millennio il sociologo e filosofo polacco Zygmunt Bauman, noto per la metafora della “liquidità”, sosteneva che proprio l’insicurezza è alla base di un rinnovato bisogno di comunità, di un luogo amico che protegga e difenda, senza però rischiare che esso diventi una sorta di gabbia identitaria e blindata rispetto ad altre comunità. È evidente che essere in comunità aiuta a fronteggiare solitudine, insicurezze esistenziali, conflitti. Comunità è valore alternativo a competizione, fredda burocrazia. Quarant’anni fa l’idea di scuola come comunità è servita da antidoto, come ha spesso scritto Luciano Corradini, alla difficile situazione che si era creata da una parte per la difficoltà della struttura ministeriale organizzata con criteri centralistici a gestire in modo efficiente ed efficace una scuola divenuta di massa, e dall’altra per la conflittualità derivante dalle critiche del movimento studentesco alla scuola, considerata autoritaria e selettiva su base classiste: è stata recepita nei decreti delegati del 1974 ed è rimasta nel testo unico della scuola, il Dlgs 297/04, che dedica l’art. 3 proprio alla comunità scolastica.
Eppure, la traduzione del valore della comunità in procedure e prassi operative, in atteggiamenti e comportamenti presenta tuttora elementi di problematicità. La sua attuazione infatti necessita talvolta il sacrificio del proprio “particulare” (termine che evoca il ragionamento del Machiavelli laddove sosteneva che per ottenere una giustificazione alla sicurezza dello stato è necessario scindere moralità e politica, aggiungendo poi che il meno scettico Guicciardini individuava nel particulare, cioè nell’interesse individuale, del singolo soggetto la fonte dell’impossibilità di creare uno stato). John Dewey, uno dei massimi ispiratori della concezione della scuola come comunità, afferma che “la scuola stessa diventa una forma di vita sociale, una comunità in miniatura, una comunità che ha un’interazione continua con altre occasioni di esperienza associata al di fuori delle mura della scuola”.
La scuola non è solo preparazione alla vita (che già non sarebbe poco), è essa stessa un processo di vita e se è giusto riconoscere lo specifico professionale del docente che istruisce, allo stesso tempo non è pensabile un processo formativo efficace che non sia condiviso da tutti i soggetti che operano nella comunità. Perché una scuola sia efficace è necessario che ci sia un’idea di scuola, comunitariamente condivisa, non una semplice “offerta formativa” come un super-mercato di curricola o progetti giustapposti ed esposti su simbolici scaffali a disposizione di eventuali clienti. Senza la messa a fuoco di un’idea, la scuola rischia di andare alla deriva, come nave in procella. La nostra scuola, nella scelta del modello Senza Zaino, ha già messo a fuoco un’idea di scuola. Un’idea forte, precisa. Un’idea che, sia pur radicata, va alimentata, ricordata a noi stessi quando sembra che ce ne dimentichiamo, arricchita, promossa: la nostra è l’idea “per una scuola di comunità”, consapevolezza di un’appartenenza comune…. con tutto ciò che questo comporta.
Noi siamo orgogliosamente la comunità del Mariti con tutto il suo fermento di idee, che difende il dialogo, il rispetto reciproco, l’accoglienza e difesa delle diversità, la partecipazione democratica. Non è una missione semplice eppure sembra semplicemente necessaria, anche in una realtà apparentemente periferica come il nostro territorio con i suoi comuni diffusi, che ha nei suoi geni di fondazione questo slancio ideale di apertura al mondo ed alla conoscenza.